la poesia romanesca

o poesia romana?

poesia romanesca

E’ esatto dire “Romanesco?” – Parliamone

(scritto da Paolo Pesci, con la solita sottile ironia,  per l’incontro con gli studenti)

Tanti anni orsono stavo consultando un dizionario linguistico onde conoscere meglio alcuni vocaboli che potessero stimolare la mia fantasia per poi inserirli nei miei scritti affinché poter elevare di un tono la mia claudicante cultura.

Ed eccomi alla lettera “R”.

Raggiungo il vocabolo “romanesco” – dialetto di Roma o vernacolo.

Vado subito a con le pagine a ritrovare la lettera “M” ma non trovo “Milanesco”.

Vado più avanti, alla lettera “N”, ma non trovo “Napoletanesco”.

Ancora più avanti, alla “P” e nulla sul vocabolo “Palermitanesco”.

Allora mi chiesi: “Soltanto il dialetto di Roma viene formulato in …Romanesco? E’ un privilegio o un grossolano qui…pro…quo?”

Cominciai a chiedere a personaggi dell’Associazione fra i Romani. Nulla.

Ed ecco un raggio di luce: Giovanni Gigliozzi, Romano, scrittore, esperto e difensore della “Romanità”, direttore RAI-Campo de’ Fiori, mi prese in simpatia e mi suggerì che il miglior competente del settore era un certo Fernando Ravaro, del “Centro Romanesco Trilussa”. un’arca di scienza proprio sul dialetto di Roma.

Lo rintracciai e questi mi parò di un personaggio, “Cola di Rienzo” – “Se hai un’enciclopedia ne trarrai notizie…”

Andai a casa, chiusi il gatto nella camera da letto e mi affrettai ad esaminare sulla mia Treccani cosa ci fosse scritto su questo  fantastico “Cola di Rienzo”

(“Scusa, Pesci, perché il gatto chiuso nella camera da letto?”  – “Semplice spiegarlo, ogni qualvolta consulto un volume della mia bella “3Cani” lui ringhia con frenetica voglia di aggredire! C’è da capirlo…tra cani e gatti…!)

Ed ecco chi fu il leggendario “Cola di Rienzo”: popolano romano elevato a notaio da Papa Clemente VI. Dotato di cultura e di ingegno particolari, avversario della nobiltà, ammirato dal Petrarca, senatore di Roma, costretto ad imporre pesantissimi tributi.

Ed ecco cosa più ci interessa: per distinguere la nobiltà dalla plebe, s’inventò il celeberrimo “Romanesco”.

Il povero-grande personaggio finirà assassinato, accusato di opprimere il popolo, proprio sotto il Campidoglio dove possiamo osservare un piccolo monumento a fianco della larga scalinata.

Desidero raccontarvi qualcosa che ha a che fare proprio con Cola di Rienzo e “Romanesco”.

Durante il lungo Pontificato di Papa Giovanni Paolo II, alla sala Nervi fu invitato il Centro Romanesco Trilussa, di cui come sapete, anch’io faccio parte.

 Dopo i convenevoli di presentazione il buon Karol chiese: “Perché Romanesco?” – Il Presidente dell’Associazione rispose: “Perché è sbagliato”.

Il Papa ribattè alquanto sorpreso: “Sbagliato? ma come, voi ne avete fatto associazione, sodalizio … addirittura un “Centro Romanesco Trilussa” e mi dite che è sbagliato?”

“Vede, santità, l’esatta espressione è dire “dialetto romano” o “vernacolo romano”. Quest’accidente di “romanesco” fu inventato da un notaio del 1350 circa per distinguere la nobiltà dalla plebe e passano i secoli e “romanesco” rimane ostinatamente di moda. Vede, santità, il peggio è che è facile equivocare con “romanaccio”. – “Allora mi ricorderò di dire ‘dialetto Romano’ o ‘vernacolo romano’ ” – “Grazie, Santità, nel nome di Roma”.

Insomma, il successo del tribuno Cola di Rienzo è tuttora risultato illimitato e forse, ormai,  indelebile. Si continua dunque con “Romanesco” e un esercito di poeti, commediografi, scrittori, parolieri, musicisti, hanno magnificato Roma.

Se volete trovare una Roma vecchia e nuova e migliaia di libri da consultare andate al centro Romanesco Trilussa dove anch’io nacqui poeta, io Paolo Pesci che sono ancora all’ “ouverture”, al preludio della Poesia …Romanesca …

Paolo Pesci “er sempre scolaretto der dialetto”

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